Rullano i tamburi in onore del funky

Da qualche mese al Capolinea, il celebre jazz club di via Lodovico il Moro 119, il palco si trasforma periodicamente in laboratorio musicale. Merito di Paolo Pellegatti, trentottenne batterista che da vent' anni anima la scena jazzistica milanese e proprio al Capolinea esordi' suonando in particolare con il pianista Luigi Bonafede, che da allora e' uno dei suoi collaboratori preferiti. Una volta al mese, nel corso di questa stagione musicale, Pellegatti costruisce un itinerario attraverso le varie facce della percussione contemporanea. E ad inaugurare il 1996 ha deciso di omaggiare un suo vecchio amore, la musica del tastierista Herbie Hancock, celeberrimo collaboratore di Miles Davis e poi autore di un personalissimo funky jazz. Per tre serate, da domani a sabato, il batterista dirigera' un sestetto basato sulle sonorita' hancockiane degli anni ' 70: al suo fianco saranno Maurizio Caldura ai sax tenore e soprano, Gigi Cifarelli alla chitarra, Stefano Cerri al basso elettrico, Candelo Cabezas alle percussioni; il pianoforte sara' affidato ad Antonio Farao' , appassionato studioso di uno stile che ha segnato un' intera generazione di strumentisti. Per l' occasione Farao' affianchera' alla tastiera acustica il piano elettrico e il clavinet, dal suono tipico dell' epoca. In programma classici del funky come "Watermelon Man", "Hang Up Your Hands Up" e la colonna sonora scritta da Hancock per il film "Il giustiziere della notte", ma anche temi degli anni ' 60 come "Maiden Voyage", "Dolphin Dance" e "Canteloupe island", rifatti nello stile che il loro autore avrebbe sviluppato nel decennio seguente. Questo omaggio di tre sere rappresenta solo un aspetto della sfaccettata personalita' di Pellegatti, che ha suonato con Massimo Urbani, Gaslini, Intra, Franco Cerri e molti americani. Didatta impegnato a mostrare ai suoi allievi il mondo delle percussioni come un unico universo che puo' incarnarsi nelle diverse proposte stilistiche, il batterista sta anche lavorando al primo disco a proprio nome, basato sullo stesso concetto. Concetto che e' alla base di tutte le sue serate nel club milanese: quelle trascorse, con Marco Tamburini, Dado Moroni, la cantante Paula Bas, un viaggio nella musica latina, e quelle a venire, in cui si ascolteranno tra l' altro un summit di chitarre, un omaggio al gospel, vari ospiti americani e appunto il gran finale pan percussivo.

Autore: Claudio Sessa

Fonte: Corriere della Sera

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