Dicono di lui...

10/01/2010  Alex Bioli

Andavo a sentire Stefano quando ero ancora un ragazzo. Erano gli anni novanta e amavo girare per i club milanesi alla ricerca di quei musicisti che oggi, sono diventati punto di riferimento nel panorama musicale del jazz. Stefano era più grande di me di qualche anno e già dominava la scena con i suoi soli, le sue dinamiche e con il suo tocco unico al basso. Si, Stefano aveva stile, una persona solare, allegra, sempre dentro. Una sera mi coinvolse in una sua perfomance a Termoli. Avevo appena concluso la mia esibizione al “Premio Rino Gaetano musica d'autore” per conto dell'accademia dove io studiavo sax e Stefano insegnava. Mi chiese di salire sul palco con lui, voleva che lo accompagnassi nei cori del brano "Stand". Provammo una sola volta nei camerini e con un sorriso mi disse: «Sali, mi piace». La testimonianza di quell'esperienza, per me straordinaria, è in un filmato che ho ritrovato pubblicato su internet dalla Rai. Finita l'esecuzione, passammo insieme il resto della serata fino a notte inoltrata. Con noi c'era anche Fabio Treves e la sua blues band. Fu un insieme di aneddoti e racconti, di momenti passati nel jazz che mi coinvolsero molto. Raccontarli oggi sarebbe impossibile, ne ho sentiti tanti quella sera. Prima di rientrare in stanza – la mattina dopo saremmo tornati a Milano – Stefano si fermò con me ancora un'altra mezzora e mi diede dei consigli importanti su come vivere la musica, i musicisti e gli studi. Alla fine di quella notte trascorsa insieme, mi regalò la partitura manoscritta del brano che poche ora prima avevamo eseguito insieme. Mi disse che se se mi piaceva tanto potevo suonarlo con il mio quartetto, e dopo tanti anni, mi fregio della possibilità di suonarlo. Ogni volta mi sento felice e penso a lui. Grazie Stefano.

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